Alessandro Cremonese
Il tema che unisce le tre tele e l’installazione interattiva in mostra è il tentativo di immaginare una forma di empatia radicale, sostenuta da un sentimento condiviso simile alla noia, che credo sia ciò che definisce nel modo più efficace la nostra condizione di esseri umani. Le opere condividono un formato quadrato e un senso di sospensione. Questo senso di immobilità è anche esistenziale: rappresenta la possibilità di restare fermi, inutili, inerti, privi di punti d’appoggio, di certezze su cui poggiare i piedi. Da un lato troviamo statuette antropomorfe che eseguono gesti umani anche se sono intrappolate in un’esistenza ambigua, né vive né morte, fossilizzate in un eterno tentativo di imitazione. Dall’altro, un organismo unicellulare simulato al computer, guidato dalla logica della dopamina, esplora il proprio mondo inseguendo stimoli sensoriali. In entrambi i casi lo spettatore è invitato a sospendere il giudizio, e a interrogarsi su cosa definisce la soglia dell’empatia. È possibile che quel senso di vuoto che ci appare così umano possa appartenere anche ad altri esseri, seppure in forma embrionale? E se così fosse, saremmo pronti a rivolgere le nostre preoccupazioni verso forme di vita che non condividono la nostra lingua, il nostro corpo, la nostra cultura?

They walk the dog, 2024
olio su tela

They feed the birds, 2025
olio su tela

They do some stretching, 2025
olio su tela
