Lorenzo Linthout

Le città del silenzio

“Non è necessario che tu esca di casa. Rimani al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare neppure, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, resta in perfetto silenzio e solitudine. Il mondo ti si offrirà per essere smascherato, non ne può fare a meno, estasiato si torcerà davanti a te.”

—Franz Kafka

Un mondo di rumori e folle ci circonda, tutto e niente. Relazioni umane, prodotti consumistici, sovrastrutture cittadine che finiscono per rappresentare a pieno quella che noi chiamiamo “solitudine“. Volevamo modificare il mondo per renderlo più adatto alla vita, ma la conseguenza è stata l’isolamento. L’intento di voler astrarre “significati spazio-temporali dal mondo reale per portarli su di una superficie bidimensionale, creando un ponte reale fra codifica e decodifica di fenomeni ed immagini”. Scatti ben definiti cristallizzano la realtà composita e allo stesso tempo solitaria del nostro secolo, catturando una delle più evidenti manifestazioni artificiali che riguardano la nostra era: l’architettura. “Le città del silenzio”, un lavoro iniziato nel 2007 e che probabilmente non avrà mai un termine, è una raccolta di immagini esplicative del rapporto tra uomo e architettura. Colorite, originali e intriganti opere architettoniche sovrastano la vita e intralciano il cammino dei passanti, che appaiono sempre più pochi e nascosti tra le maestose strutture. La realtà del nostro secolo è varia, caotica, confusa; frastorna l’uomo con un mosaico infinito di possibilità mentali e si reagisce a questa situazione con il disorientamento, la solitudine che deriva dal non riuscire a ricostruire i frammenti impazziti del proprio ventaglio interiore. Da Budapest, passando per Varsavia, fino a Berlino, senza dimenticare Parigi e molte altre città europee; tantissime le metropoli immortalate dal mio obbiettivo con un unico filo conduttore che le lega: il loro essere desertiche.